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Il mondo in una stanza Hikikomori, 50 casi Uno studio a Ravenna "Ma non sono malati"

#Il mondo in una stanza Hikikomori, 50 casi Uno studio a Ravenna "Ma non sono malati"| 来源: 网络整理| 查看: 265

Francesconi, com’è nata l’idea della ricerca?

"Prima della pandemia mi ha contattato Carlotta Piccinini, regista di origine ravennate che vive a Berlino e che da anni lavora su tematiche sociali. Voleva realizzare il suo primo lungometraggio sugli hikikomori e voleva girarlo a Ravenna".

Come avete affrontato il fenomeno?

"In maniera originale, da diversi punti di vista, creando un rapporto tra forma letteraria e immagine. Carlotta non voleva realizzare il classico documentario, ma un film il cui protagonista, Andrea, è un hikikomori che riassume tutti i caratteri emersi durante la ricerca".

Quanti avete intervistato?

"All’inizio una ventina di genitori e 4 operatori. Poi i ragazzi, una ventina anche loro, ma erano reticenti. Abbiamo chiesto di raccontare le loro vite con le immagini e ci siamo concentrati su 7 ragazzi di Ravenna".

Che età hanno?

"Dai 14 ai 26 e alcuni vivono in isolamento da anni. Gli stadi sono differenti: c’è chi è in entrata, altri ne stanno uscendo. Anche l’abbandono della scuola è graduale, alcuni rientrano ma poi tornano in isolamento. Ci vorrebbero risposte più elastiche dalle istituzioni, la rigidità dei protocolli non li aiuta".

Tra quelli intervistati c’è anche chi ne è uscito.

"Sì. Bisognerebbe fornire agli insegnanti strumenti efficaci per affrontare le difficoltà sociali che portano all’isolamento".

Quanto il fenomeno è presente sul territorio ravennate?

"Quando abbiamo iniziato, prima della pandemia, i casi identificati erano 50 circa. Secondo un’indagine della Regione del 2018 la Romagna è tra i territori dove il fenomeno è più diffuso".

Perché?

"Forse perché la società, la famiglia romagnola hanno un’impostazione tradizionalista, con ruoli definiti e molte aspettative".

La pandemia che conseguenze ha avuto?

"Paradossalmente gli hikikomori, in un mondo che si era fermato, si sono sentiti per la prima volta ‘normali’. Infatti hanno partecipato più di altri alle attività scolastiche a distanza".

Cosa spinge all’isolamento?

"L’isolamento viene trattato come una patologia, ma non lo è. La loro è una scelta sociale, fuggono dal conformismo, dalle aspettative pressanti della famiglia e della scuola, da un ambiente particolarmente competitivo e performante. Non vogliono creare problemi con il loro comportamento, solo attenuare il loro malessere".

E la dipendenza dalle tecnologie?

"Di quelli che abbiamo incontrato, quasi nessuno è dipendente dai videogiochi, dalle nuove tecnologie, che anzi diventano un tramite per rimanere in contatto con l’esterno. Sono giovani che amano il loro territorio, per questo abbiamo scelto di utilizzare immagini di Ravenna".

Quali in particolare?

"Le valli, la Darsena, le piattaforme, i capanni. Le abbiamo usate per parlare di ciò che a loro piace. Alcuni luoghi, quelli naturali, risultavano meno insidiosi perché privi di socialità, in altri, come via Baiona con i fenicotteri e le valli da un lato e il polo chimico dall’altro, hanno visto l’antinomia tra natura e industria".

Quando uscirà il film?

"Il prossimo anno".

Annamaria Corrado



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